La notte di san Silvestro alle porte ed io mi fermo un
attimo a pensare a questo 2016 che se ne sta andando. Un anno pazzesco in cui
ho vissuto mille vite diverse, in cui
sono cresciuta. Un anno che mi ha visto prima su un piedistallo e poi
precipitare giù dalla stessa altezza, dritta dritta in un burrone. E poi mi sono
rialzata. E sono caduta un sacco di volte e ad altre mille ho ricominciato da
zero. Un anno in cui mi sono sentita spesso sola e lo sono stata. Ma da sola ce
l’ho fatta, rimettendomi in piedi, un piede davanti all’altro continuando a
camminare, come sempre controvento.
Un anno in cui sono passata da un dolore incredibile. Per
imparare che il dolore è la chiave per aprire un sacco di porte, per scoprire mondi
sconosciuti ed inaspettati, che diversamente non si avrebbe magari occasione di
conoscere. E porte si sono chiuse, alcune le ho chiuse io forzatamente. Porte chiuse (a volte in faccia) porte
aperte, porte che si potranno aprire.
Ho conosciuto un sacco di persone. Alcune hanno prestato orecchio alla mia
storia, altre hanno asciugato le mie lacrime, altre ancora mi hanno fatto
ridere ed io con loro. Ogni persona incontrata mi ha insegnato qualcosa.
Con ognuna di loro ho fatto un pezzo di strada. Alcune di
esse si sono irrimediabilmente allontanate, purtroppo. Altre chi lo sa . C’è
chi mi è stato vicino, molto vicino per un po’. E poi se n’è andato via.
Se ogni persona che ci lascia si porta via pezzi del nostro
cuore, ci sono pezzi di me che vagano per il mondo. Ma il cuore è ricostruibile,
come si fa con i pezzi del lego?
C’è comunque anche chi, grazie al cielo, è entrato ed è rimasto nella
mia vita e a farlo uscire non ci penso proprio, gli amici e soprattutto le
amiche: veri angeli custodi, sempre al mio fianco come eterni compagni di
viaggio.
Ho condotto quest’anno pensando spesso di essere come un
vaso di ceramica con una crepa profonda, profondissima che scava dentro, una
frattura che mi ha cambiato per sempre e da cui non possono prescindere nè
il mio modo di vedere le cose nè tantomeno le scelte che faccio e che farò.
Poi ci ho riflettuto ancora un po’ e sono giunta alla
conclusione che certe fratture sono come le tele di Fontana:
sono quei graffi ,
quei tagli a contraddistinguerle, a renderle uniche ed inestimabili. Da quelle
fratture passa la luce. E così, quando un dolore profondo vi attraversa e vi
porta via, potete fare come me e pensare che non siete rotti ma vi è stata
semplicemente data un’occasione per crescere.
Mi dico insomma che il dolore è stato solo uno strumento per
diventare grande. E così sono sicura che l’anno nuovo saprà sorprendermi,
esattamente come quello che sta finendo.
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